Totò Peppino e la malafemmina
INDICE
- Vecchio Cinema Sant'Elena di B. Durante - Nuovo Cinema Paradiso, video - Laurino città d'arte e di tradizione. " Fujennu, turnannu", video - Paisa' di R. Rossellini, film - Ladri di Biciclette di V. De Sica, film - Una icona del'900:Charlot - Hitler ridicolo, video -Totò, la maschera di Napoli,video - SergionLeone e Ennio Morricone: spaghetti western di B. Durante - Per un pugno di dollari, video - Per qualche dollaro in più, video - Il buono, il brutto e il cattivo, video - C'era una volta il West, video |
- Casablanca, di M. Curtiz, video
- La dolce vita di Federico Fellini - La banda degli Oscar - 2001, Odissea nello spazio di Stanley Kubrick - La vita è bella di Roberto Benigni, video |
Vecchio Cinema S. Elena
B. Durante
Quando ho visto “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore mi ha preso un groppo alla gola. Certo per la struggente atmosfera d’antan che il film evocava, per il talento del regista nella ricostruzione dell’ingenuo tempo nostro. Del nostro infantile incantamento per quella magia che si chiamava Cinema. Ma c’era di più. C’era, miracolosamente resuscitata, pari pari, la storia del vecchio Cinema S. Elena di Laurino. Quel bambino di Tornatore con gli occhi sgranati sullo schermo ero io o ognuno dei miei compagni, come me perdutamente innamorati di Greta Garbo, Vivien Leigh, Tamara Less, Laureen Bacall, Ingrid Bergman o la nostra strappalacrime Yvonne Sanson.
La sala cinematografica era, manco a dirlo, nel teatro di S. Agostino. D’inverno ci faceva un freddo cane. Ogni gruppo familiare si portava appresso una grande buatta fatta a sicchitieddu, colmo di brace viva con la quale ci si scaldava a turno le mani. D’estate si trasferiva all’aperto, nella “Palestra” dove poi è stata costruita la sala consiliare del Comune. Nei primi anni ognuno si doveva portare la sedia. Poi furono comprate delle poltroncine usate di legno, talmente dure che alla fine ci si alzava con l’osso sacro distrutto. Mio padre mastu Rodolfo, era uno dei soci dell’impresa e questo ci assicurava l’entrata gratis. Gli altri pagavano venti o trenta lire, ma erano accettate anche uova, pezzi di salsiccia, pecorini e altri estemporanei pagamenti in natura.
Parliamo degli anni ’50 o giù di lì e della televisione non avevamo mai sentito parlare. Il Cinema S. Elena era l’invidia di tutti i paesi vicini. Alcuni venivano a piedi da Piaggine, Casaletto, Fogna o Magliano per vedere almeno una volta il Cinema. Qualche volta era addirittura il Cinema che andava in trasferta in quei paesi, previo pagamento di un canone e di una congrua cena a base di prosciutti, caciocavalli e naturalmente fusiddi o rafaiuoli. Il gigantesco proiettore veniva allora caricato su uno sgangherato camioncino. Veniva tenuto fermo da almeno 5 o 6 persone e coperto con cura per evitare che la polvere delle strade allora sterrate, ne compromettesse i meccanismi. I manifesti per la programmazione mensile venivano affissi nel sieggiu, ma era a puro titolo indicativo. Spesso “’a pillicula” o non arrivava col postale da Salerno o ancora più spesso arrivava un film diverso da quello annunciato. E comunque andare al Cinema era sempre una scommessa. Non si era mai certi che la luce non saltasse o che non si bruciasse la pellicola, malgrado la diligenza degli operatori che erano Luigi Schiavo ‘u prifetto o Antonio Cossa.
Ma se si superavano tutti questi ostacoli, allora al Cinema S. Elena c’era da divertirsi. Il pubblico partecipava alla storia con tutti i sentimenti, piangeva, rideva, applaudiva il buono che vinceva sempre, insultava il cattivo che alla fine perdeva sempre. Esultava rumorosamente per l’arrivo dei nostri, fischiava, faceva pernacchie, si struggeva d’amore per le fatalone avvinte da passioni insanabili ad Amedeo Nazzari, Errol Flynn e al tenebroso Humphrey Bogart. Il Cinema per noi ragazzi e ragazze, in quei tempi di proibizionismo sessuale, era poi senz’altro preferibile alla messa dove ci si poteva scambiare da lontano solo sguardi accesi. Nel Cinema S. Elena, invece, nelle scene più buie, si osava qualche stretta di mano o un bacio fugace. D’inverno quando i cappotti venivano messi sulle ginocchia, contro il freddo, ci scappavano anche sconvenienti toccamenti. Nel 1956 arrivò la TV e per il nostro cinema fu la fine.
E comunque il Cinema S. Elena portò il mondo nel paese, svecchiò la cultura, ci fece conoscere cosa avveniva oltre Ponteruttu e ci regalò di straforo quei grandi capolavori creati dai maestri del neorealismo, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Furono loro che ci insegnarono ad amarlo il grande cinema.
B. Durante
Quando ho visto “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore mi ha preso un groppo alla gola. Certo per la struggente atmosfera d’antan che il film evocava, per il talento del regista nella ricostruzione dell’ingenuo tempo nostro. Del nostro infantile incantamento per quella magia che si chiamava Cinema. Ma c’era di più. C’era, miracolosamente resuscitata, pari pari, la storia del vecchio Cinema S. Elena di Laurino. Quel bambino di Tornatore con gli occhi sgranati sullo schermo ero io o ognuno dei miei compagni, come me perdutamente innamorati di Greta Garbo, Vivien Leigh, Tamara Less, Laureen Bacall, Ingrid Bergman o la nostra strappalacrime Yvonne Sanson.
La sala cinematografica era, manco a dirlo, nel teatro di S. Agostino. D’inverno ci faceva un freddo cane. Ogni gruppo familiare si portava appresso una grande buatta fatta a sicchitieddu, colmo di brace viva con la quale ci si scaldava a turno le mani. D’estate si trasferiva all’aperto, nella “Palestra” dove poi è stata costruita la sala consiliare del Comune. Nei primi anni ognuno si doveva portare la sedia. Poi furono comprate delle poltroncine usate di legno, talmente dure che alla fine ci si alzava con l’osso sacro distrutto. Mio padre mastu Rodolfo, era uno dei soci dell’impresa e questo ci assicurava l’entrata gratis. Gli altri pagavano venti o trenta lire, ma erano accettate anche uova, pezzi di salsiccia, pecorini e altri estemporanei pagamenti in natura.
Parliamo degli anni ’50 o giù di lì e della televisione non avevamo mai sentito parlare. Il Cinema S. Elena era l’invidia di tutti i paesi vicini. Alcuni venivano a piedi da Piaggine, Casaletto, Fogna o Magliano per vedere almeno una volta il Cinema. Qualche volta era addirittura il Cinema che andava in trasferta in quei paesi, previo pagamento di un canone e di una congrua cena a base di prosciutti, caciocavalli e naturalmente fusiddi o rafaiuoli. Il gigantesco proiettore veniva allora caricato su uno sgangherato camioncino. Veniva tenuto fermo da almeno 5 o 6 persone e coperto con cura per evitare che la polvere delle strade allora sterrate, ne compromettesse i meccanismi. I manifesti per la programmazione mensile venivano affissi nel sieggiu, ma era a puro titolo indicativo. Spesso “’a pillicula” o non arrivava col postale da Salerno o ancora più spesso arrivava un film diverso da quello annunciato. E comunque andare al Cinema era sempre una scommessa. Non si era mai certi che la luce non saltasse o che non si bruciasse la pellicola, malgrado la diligenza degli operatori che erano Luigi Schiavo ‘u prifetto o Antonio Cossa.
Ma se si superavano tutti questi ostacoli, allora al Cinema S. Elena c’era da divertirsi. Il pubblico partecipava alla storia con tutti i sentimenti, piangeva, rideva, applaudiva il buono che vinceva sempre, insultava il cattivo che alla fine perdeva sempre. Esultava rumorosamente per l’arrivo dei nostri, fischiava, faceva pernacchie, si struggeva d’amore per le fatalone avvinte da passioni insanabili ad Amedeo Nazzari, Errol Flynn e al tenebroso Humphrey Bogart. Il Cinema per noi ragazzi e ragazze, in quei tempi di proibizionismo sessuale, era poi senz’altro preferibile alla messa dove ci si poteva scambiare da lontano solo sguardi accesi. Nel Cinema S. Elena, invece, nelle scene più buie, si osava qualche stretta di mano o un bacio fugace. D’inverno quando i cappotti venivano messi sulle ginocchia, contro il freddo, ci scappavano anche sconvenienti toccamenti. Nel 1956 arrivò la TV e per il nostro cinema fu la fine.
E comunque il Cinema S. Elena portò il mondo nel paese, svecchiò la cultura, ci fece conoscere cosa avveniva oltre Ponteruttu e ci regalò di straforo quei grandi capolavori creati dai maestri del neorealismo, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Furono loro che ci insegnarono ad amarlo il grande cinema.
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NUOVO CINEMA PARADISO di G. Tornatore
Salvatore Di Vita, regista ormai famoso, torna al suo paese in Sicilia da dove manca da 30 anni, per il funerale di Alfredo. I luoghi e le persone lo riportano come un film che scorre all'indietro, al passato quando era solo il piccolo Totò posseduto da una passione mai più spenta per il Cinema. Alfredo era l'addetto alla proiezione nell'unica sala del paese "Cinema Paradiso" nella cui cabina Totò ha modo di imparare il mestiere e di immergersi sempre di più nelle storie e nella magia delle immagini. Alfredo gli è padre e complice nel suo innammoramento anche se per ordine del prete, gestore della sala, taglia dalle pellicole tutte le scene dei baci perché sconvenienti. Il ritorno di Salvatore è la struggente riemersione delle persone, della memoria, degli amori giovanili. Ma quando la nostalgia diventa padrona del presente vuol dire che tutto è irrimediabilmente passato. Dopo i funerali Salvatore fugge via portandosi l'ultimo regalo di Alfredo: gli spezzoni dei film con i baci tagliati. La loro proiezione è una delle scene memorabile di un grandissimo film. Nuovo Cinema Paradiso vinse l'Oscar nel 1999. |
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"Laurino città d'arte e di tradizioni"
" Fujennu, turnannu".
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Roberto Rossellini
PAISA' (1946) |
CINETECA
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IL NEOREALISMO
Fra l'ultimo periodo bellico e l'immediato dopoguerra il cinema italiano conobbe forse il momento di massimo splendore con un gruppo di film che furono raggruppati sotto il nome di Neorealismo. Con uno stile asciutto e antiretorico esaltato dal bianco e nero, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, G. De Sanctis, ecc. e lo sceneggiatore C. Zavattini descrissero l'umanità dolente uscita dal conflitto e la miseria delle classi subalterne. Ossessione, Roma città aperta, Paisà, Ladri di biciclette, Sciuscià, Riso amaro e tanti altri crearono un mito cinematografico che affascinò il mondo. Il giovane Federico Fellini che di alcuni dei grandi maestri era stato aiuto-regista, continuò l'opera diventando con i suoi capolavori, La dolce vita, 8 e mezzo, Amarcord, ecc. l'immaginifico creatore di un cinema mai visto prima, il poeta del "realismo magico". _________________________________________________________________
UNA ICONA DEL '900: CHARLOT
Il 7 febbraio 1914 appariva per la prima volta sugli schermi del cinematografo naturalmente muto, un omino buffo con bombetta, baffetti, giacchetta striminzita, pantaloni e scarponi enormi e un bastoncino che accompagnava una camminata sbilenca e ciondolante: Charlot. Era nato il vagabondo, personaggio che avrebbe attraversato la storia del cinema del '900, inventato da quel genio della comicità che si chiamava Charlie Chaplin, capace con la sua maschera di prendersi beffe di Hitler (sotto) e delle storture del capitalismo americano dominato dal taylorismo trionfante della catena di montaggio. (Tempi moderni, a destra)
Per i 100 anni di questa icona del cinema la Cineteca di Bologna, benemerita istituzione culturale, ha restaurato quella che Chaplin considerava la sua opera migliore La febbre dell'oro. In Home riproponiamo la scena della cena a base di scarpone bollito che ha fatto sbellicare dal ridere intere generazioni di spettatori nel corso di un secolo. Per questo e tutti gli altri capolavori diciamo grazie all'omino campione di comicità e di coraggio civile ______________________________________________________________________________________________________________________________________
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SERGIO LEONE & ENNIO MORRICONE: Quando il Western divenne Spaghetti Western
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. Hitler ridicolo Non esiste dubbio alcuno che il più tragico dittatore dei tempi moderni sia stato lui Hitler. Come non esiste dubbio che il più grande attore comico dei tempi moderni sia stato lui Charlie Chaplin, Charlot. La sua parodia del dittatore, la sua trasformazione della dimensione tragica in ridicolo è la più corrosiva opera di distruzione del mito nazista. Un grande piccolo uomo vince contro l'impero del male, la sua personificazione e il dittatore è, d'un tratto, nudo. Il grande cinema è anche questo. TOTO' : La maschera di Napoli Totò o quando la maschera e il mimo si fanno comicità pura. Qui, a sinistra due celeberrime gag che hanno fatto la storia del film comico: la vendita della Fontana di Trevi e la dettatura della lettera. |
Il successo di Sergio Leone aprì la strada a un filone che conta un numero di film sterminato e a una schiera di registi di diverso valore. Fino a diventare quasi una scuola e un mito, quello appunto dello Spaghetti Western che guardato prima con sufficienza e spregiativamente, grazie soprattutto alla genialità del suo caposcuola, conquistò le sale di tutto il mondo e il crescente consenso della critica. Oggi è nella storia del cinema.
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CASABLANCA |
Il western, quel cinema che aveva narrato la conquista epica della nuova frontiera americana e la nascita di una grande nazione, l'America appunto ( omettendo magari cinicamente il vero e proprio genocidio dei nativi "indiani"), era morto da un pezzo. Non c'era più il grande John Ford di Ombre rosse(1939) ed erano scomparsi i vari Gary Cooper o John Wayne... C'era però un geniaccio italiano, Sergio Leone vero e grandissimo animale di Cinema. E c'era uno straordinario maestro, un musicista e compositore eccelso, Ennio Morricone. E con loro la storia del western prese un'altra piega. Nei film di Leone scompaiono gli eroi tradizionali, i buoni che vincono sempre sui cattivi, per essere sostituiti da personaggi veri, adeguati alla durezza dei tempi, spesso sporchi, brutti e cattivi, insomma autentici antieroi da cui non trarre la solita morale buonista. Il resto lo fa Morricone con colonne sonore mai sentite prima che gli valsero l'Oscar alla carriera nel 2007, e interpreti che con Leone diventarono celebrità come Clint Eastwood, Terence Hill, oltre ad attori già famosi quali Henry Fonda, Rod Steiger, James Coburn o il nostro Gian Maria Volontè. Con Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il buono, il brutto e il cattivo (1966, la cosiddetta Trilogia del dollaro, Leone fa scuola anche in America. Poi fu la volta di altri capolavori C'era una volta il West, Giù la testa e C'era una volta in America, la cosiddetta Trilogia del tempo che fecero di lui il maestro venerato da intere generazioni di registi come Stanley Kubrick, Quentin Tarantino, Martin Scorsese, ecc.
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LA DOLCE VITA
Se mai c'è stato un film che ha segnato plasticamente un'epoca quello è stato La dolce vita, opera di un regista immenso, Federico Fellini. Era il 1959 e l'Italia del miracolo economico dava sugli schermi cinematografici di tutto il mondo lo spettacolo di un paese in piena effervescenza culturale. Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni e Federico Fellini furono le punte straordinaria di un cinema che portava ai massimi esiti la grande lezione del Neorealismo. Ma i 5 Oscar di Fellini erano qualcosa di più, l'affermazione potente e immaginifica di una poetica onirica, l'irrompere della creatività fantastica, della malia della memoria, di un realismo magico che stregò il cinema per sempre. |
La strada (1954), La dolce vita (1959), 8 e 1/2 (1963) Amarcord (1973) e tanti altri restano capolavori insuperati nella storia del cinema di tutti i tempi. E accanto a Federico c'era, con colonne sonore meravigliose il maestro Nino Rota.
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LA BANDA DEGLI OSCAR
Cinque premi Oscar a Federico Fellini per La strada, Le notti di Cabiria, 8 e 1/2, Amarcord e l'ultimo alla carriera nel 1973. Uno a Ennio Morricone nel 2007, per la sua musica da cinema, e uno a Nino Rota per la colonna sonora del Padrino II. La pioggia di Oscar a film italiani segna la consacrazione internazionale di una grande cinematografia e di autori che il mondo guarda con stupore e ammirazione. Nel 1999, poi Roberto Benigni con La vita è bella fa tris: miglior film straniero, migliore interpretazione maschile e la colonna sonora di Nicola Piovani. |
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2001: ODISSEA NELLO SPAZIO(1968)
Il gorilla, agli albori della preistoria, scopre che un lungo osso di tibia può essere un'arma mortale contro i suoi simili e animali molto più grandi di lui. E' nato il potere della violenza, la premessa del salto evoluzionistico scimmia/uomo accompagnato dalle note di "Così parlò Zarathustra" di R. Strauss. E poi c'è un misterioso monolite nero, forse simbolo di una intelligenza extraterrestre. E poi c'è l'uomo che ha conquistato la tecnologia per avventurarsi, novello Ulisse, nello spazio cosmico in una nuova Odissea. E infine c'è HAL 9000 il computer più sofisticato creato dall'uomo che al suo creatore osa addirittura ribellarsi in una sfida mortale. Sulla melodia del Danubio blu di J. Strauss e di una sequenza di effetti speciali allucinatori, la stazione orbitale si infila nel corridoio cosmico dove si annulla la relazione spaziotemporale e si intravede forse l'approdo ad un mondo nuovo. Ma il comandante Bowman, ultimo superstite dell'astronave, alla fine forse del viaggio |
nell'universo, arriva anche alla fine della sua vita pur sempre mortale. Si conclude così il più enigmatico film di fantascienza mai realizzato, capolavoro del grande Stanley Kubrick. Sui significati e sui simboli del film si sono scervellati spettatori e critici senza che Kubrick fornisse mai una sua interpretazione. Il grande regista americano, naturalizzato inglese è stato autore di altri capolavori memorabili quali Il dottor Stranamore, Lolita, Arancia meccanica, Indovina chi viene a cena, Shining, Full Metal Jackets, Eyes Wide Shut. Più volte nominato all'Oscar lo ottenne solo per gli effetti speciali di 2001 Odissea nello spazio.
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Per il commento sonoro ai suoi film, Kubrick interprete del presente e del futuro, preferisce ricorrere al classico, dalla Gazza ladra di Rossini per Arancia meccanica a Richard e Johann Strauss per 2001 Odissea nello spazio. A Berlioz e Bela Bartòk per Shining, ecc.
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LA VITA E' BELLA (1997) di Roberto Benigni
Si può trattare la tragedia dell'Olocausto con lo strumento del Comico? Impossibile e sacrilego addirittura, ma non per il geniaccio toscano R. Benigni che confeziona un capolavoro. Guido, il padre, Dora, la madre e il piccolo Giosuè attraversano la deportazione e il Lager sotto la finzione del gioco della guerra inventato dal papà per salvare la vita e l'innocenza del bambino. Alla fine Guido verrà ucciso dai carcerieri nazisti poco prima che arrivino i liberatori americani, ma Giosuè può ricevere il premio del gioco promesso dal papà: il fiammante carroarmato americano su cui viene fatto salire dal marine. Il film fu premiato nel 1999 con 3 Oscar per il miglior film straniero, la migliore interpretazione maschile, la miglior colonna sonora di Nicola Piovani. |
Brancaleone da Norcia: lo cavaliere sanza macchia e sanza palanche.
Il maestro Monicelli ricrea un Medioevo tutto da ridere ma vero. Cavalieri, pellegrini, cenciosi, improbabili crociati, dame nientaffatto virtuose e sopra tutti la peste nera. Attori strepitosi, Gassman in testa, e un linguaggio esilarante fatto di volgare e latino maccheronico. L'ARMATA BRANCALEONE di Mario Monicelli |
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